È più fedele lo specchio o la foto?




Specchio o foto?

Chi è più fedele, lo specchio o la foto? Perché a volte ci vediamo meglio in foto ed altre allo specchio, e perché queste immagini spesso risultano molto differenti tra di loro?

Ciao a tutti, io sono Federica, sono fotografa professionista, e visto che ho da poco concluso la stagione lavorativa, ho finalmente del tempo libero da dedicare ai miei amati pipponi: oggi vi propongo una riflessione basata su un quesito molto comune: Quale di questi due strumenti ci sta mentendo, lo specchio o la fotocamera?

Questa è una domanda che a mio parere va al di là del semplice confronto tra una superficie riflettente o un’istantanea perfetta. Seguitemi allora per esplorare il mondo della percezione, scoprire come la realtà si intreccia con la visione di noi stessi e, naturalmente, scatenare un po’ di sana curiosità.

Ovviamente vi aspetto nei commenti per avere la vostra personale risposta alla fatidica domanda: È più fedele lo specchio o la foto?

Tra pochissimo vi dirò le mie considerazioni a riguardo, ma prima di iniziare vi ricordo che potete anche seguire il discorso in questo video:

Lo specchio

Partiamo dando un’occhiata oggettiva al buon vecchio specchio.

Lo specchio ci offre un riflesso in tempo reale e continuo di ciò che si trova di fronte ad esso.

Grazie allo specchio possiamo osservarci da varie angolazioni, controllare l’effetto di diverse espressioni e pose. È un’esperienza dinamica che ci consente di osservare come appariamo e adattarci di conseguenza. Mentre ci specchiamo, abbiamo il controllo sulla nostra immagine.

Fino a qui tutto perfetto, no? Beh, non proprio. Anche gli specchi possono deformare la realtà. Avete mai visitato la casa degli specchi in un Luna Park? Esistono specchi che deformano, snelliscono, ingrandiscono, allungano o accorciano la figura. Ma non è necessario uscire di casa per notare queste distorsioni; basta prendere uno specchio ingranditore, ad esempio. Questo tipo di specchio è progettato per fornire un’immagine ingrandita dei dettagli ed è spesso utilizzato per attività come il trucco, la rasatura o la cura della pelle.

Quando pensiamo allo specchio, spesso immaginiamo una superficie che restituisce fedelmente la nostra immagine. Tuttavia, dobbiamo sempre considerare fattori come la distorsione ottica di alcuni tipi di vetri utilizzati nella loro costruzione, la distanza dallo specchio e le sue dimensioni, che possono influenzare la percezione concentrando il nostro sguardo su alcune zone e trascurandone altre.

Da vicino, potremmo notare dettagli che normalmente gli altri non vedrebbero a una distanza normale, senza dimenticare che la nostra visione allo specchio è limitata a dove può arrivare il nostro sguardo. L’unica prospettiva offerta dallo specchio è determinata dalla sua posizione e dai nostri limiti visivi. Ad esempio, non possiamo osservare la parte posteriore della testa perché i nostri occhi non ci arrivano. Come con qualsiasi strumento ottico, è essenziale considerare non solo le sue caratteristiche ma anche le sue limitazioni.

La fotografia

La fotocamera, d’altra parte, è uno strumento mobile che possiamo tenere in mano, posizionare a una certa distanza su un supporto o affidare a qualcuno affinché scatti per noi. L’immagine fotografica in questo caso può variare a seconda dell’utente e delle condizioni di utilizzo del mezzo.

Anche la fotocamera, o più precisamente le sue lenti, possono alterare la realtà. Esistono una miriade di obiettivi con diverse funzioni, e a seconda della “focale” utilizzata, un fotografo esperto può giocare con il mezzo per enfatizzare o meno determinati aspetti della figura umana, ad esempio, slanciare il soggetto o minimizzare un difetto.

Quando parliamo di fotografia, ci riferiamo a un’azione volta a catturare un singolo istante. A differenza dello specchio, che restituisce un’immagine momentanea ma continua di chi gli si pone davanti, la fotografia congela il tempo in un istante, immortalando il soggetto in situazioni specifiche. Quanto di questa immagine rappresenta veramente chi siamo?

La fotografia offre la possibilità di catturare dettagli precisi e momenti irripetibili. Ci consente di concentrarci su un singolo attimo, un millesimo di secondo impresso per sempre in un’immagine che, a differenza dello specchio, possiamo guardare, analizzare e, in certi casi, ci permette anche di rivivere le  emozioni provate in quel momento o condividere un’immagine accurata di noi stessi di quel preciso istante.

Ogni dettaglio, dall’espressione facciale alla composizione dell’immagine, contribuisce a creare un ritratto che potrebbe essere molto diverso dalla dinamica fluida dello specchio. Quindi, dobbiamo fidarci di ciò che viene ritratto in fotografia? Mmm, nemmeno, e qui entriamo nel vivo del discorso.

Familiarità

Può sembrare scontato, ma c’è un aspetto psicologico di rilievo nel modo in cui percepiamo la nostra immagine in una foto rispetto allo specchio: innanzitutto, siamo abituati a guardarci allo specchio molte più volte al giorno rispetto al tempo che trascorriamo di fronte a una fotocamera. La nostra familiarità con il riflesso speculare deriva dal fatto che la capacità di riconoscere noi stessi in uno specchio si sviluppa nell’uomo tra i 15 e i 24 mesi di età. Siamo, quindi, molto più abituati a vedere il nostro riflesso rispetto alla nostra immagine fotografica. Questo fenomeno è analogo all’effetto della voce registrata che spesso non riconosciamo perché non siamo abituati ad ascoltarci.

Il contesto

In più, quando ci specchiamo, solitamente siamo a casa, da soli, in un ambiente familiare e confortevole, dove ci sentiamo più rilassati e liberi di metterci in posa. Al contrario, le fotografie spesso vengono scattate in contesti più formali, creando un ambiente che potrebbe farci apparire più tesi e meno preparati davanti ad altre persone.

Va quindi considerata l’importanza del contesto in cui ci osserviamo. Uno specchio in casa, con illuminazione naturale, può presentarci in un modo, mentre una foto scattata in un ambiente specifico, come un luogo di lavoro o durante una festa, può alterare la percezione di noi stessi.

Teniamo conto quindi di come il contesto agisca come cornice, attribuendo significato e interpretazione alla nostra immagine. Vi siete mai chiesti come l’ambiente può influenzare la percezione di ciò che vediamo?

Vogliamo parlare del grande elefante nella stanza? 

Le fotografie di solito hanno uno scopo, spesso quello di conservare o condividere un momento, e naturalmente desideriamo che la foto catturi la scena perfettamente come ce la siamo immaginata.

Ai giorni d’oggi, anche un semplice selfie è spesso scattato con l’intento di ottenere un’immagine perfetta da condividere sui social media. Questo però ci sottopone inevitabilmente a una grande pressione. È uno dei motivi per cui, osservandoci allo specchio prima di un evento, ci vediamo irresistibili, ma il giorno successivo, riguardando le foto scattate, notiamo improvvisamente una miriade di difetti. Abbiamo sicuramente aspettative più elevate quando si tratta di fotografia. Può sembrare banale, ma questa pressione influisce enormemente sulla nostra percezione. Più ci preoccupiamo di apparire male in foto, più è probabile che questa profezia si avveri!

Di fronte allo specchio, tendiamo a metterci spontaneamente in posa, a osservarci dal nostro lato migliore, a sorridere, e il nostro cervello filtra eventuali difetti. L’immagine che vediamo riflessa sembra piacerci, ma quando la vediamo in una foto, ecco, all’improvviso non ci piace più. Di fronte allo specchio, siamo consapevoli che gli unici critici di noi stessi, siamo proprio noi. Ma una foto – beh, quella è una prova tangibile che potrebbe finire nelle mani sbagliate, e questo la rende emotivamente più potente!

Ci soffermiamo ad analizzare la foto nei minimi dettagli, controllando che ogni capello sia al suo posto e ogni poro della pelle sia ben definito. La fotografia inevitabilmente mette in evidenza particolari che spesso sfuggono nell’occhiatina fugace che diamo allo specchio durante la frenesia della vita quotidiana.

Il problema si complica quando siamo fotografati da qualcun altro, introducendo variabili complesse e imprevedibili. Chi è il fotografo? Qual è la sua percezione del mondo? Quali sono le sue competenze fotografiche? Quanto è bravo a metterci a nostro agio? Tutti questi fattori influenzano il risultato della foto. A differenza dello specchio, dove solo noi condizioniamo l’immagine, nella fotografia entra in gioco l’elemento umano, rendendolo parte attiva del processo. La dinamica tra fotografo e soggetto diventa cruciale e inevitabilmente influenzerà il risultato finale. La fotocamera spesso ci mostra come veniamo visti dagli altri, rendendo questa prospettiva insolita per noi. Non possiamo però affermare che un punto di vista sia più oggettivo di un altro, dato che tutti siamo influenzati da una specifica visione del mondo.

Anche le fotografie che io stessa realizzo come fotografa professionista, complete dell’esperienza e delle nozioni fotografiche per valorizzare al meglio i soggetti, sono soggettive. Nonostante cerchi di conoscere il più possibile chi mi è di fronte e di immedesimarmi in esso, sarà sempre una rappresentazione filtrata dal mio vissuto e dalla mia esperienza.

Questo principio si applica a ogni fotografo. È per questo che, quando si commissiona un ritratto personale, oltre alla competenza tecnica, è sempre importantissimo valutare l’aspetto empatico della relazione. È importante sentirsi capiti dal fotografo e essere sulla stessa lunghezza d’onda per ottenere un risultato che rispecchi la visione e la personalità del soggetto. La connessione emotiva con il fotografo può fare la differenza nell’ottenere un ritratto autentico e significativo.

Posa, angolazione e luce

Tornando al nostro argomento, come fare allora per decretare quale sia l’immagine più fedele di noi stessi?

Soffermiamoci sui 3 aspetti tecnici che possono rendere un ritratto sbagliato, o per capirci meglio, brutto: posa, angolazione e luce.

Analizziamo questi aspetti confrontandoli tra specchio e foto:

Quando ci osserviamo allo specchio, solitamente ci concentriamo su particolari specifici del nostro riflesso: verifichiamo se le labbra sono a posto, controlliamo le sopracciglia, osserviamo le spalle… Insomma, analizziamo singoli dettagli invece di considerare come tutte queste parti lavorano insieme per formare la nostra immagine. 

Al contrario, quando guardiamo una foto, percepiamo l’insieme e notiamo aspetti che in precedenza sembravano insignificanti. Può essere una postura rigida, mani posizionate in modo strano, un sorriso forzato, tutti elementi che di solito non rileviamo quando ci guardiamo complessivamente allo specchio. La fotografia, come abbiamo detto, cattura un momento specifico e lo fissa nel tempo, permettendoci di esaminare quel singolo istante all’infinito. Non siamo abituati a vederci perfettamente immobili, perché la vita è movimento. È quindi normale notare dettagli che ci sfuggirebbero mentre ci spostiamo continuamente di fronte allo specchio.

Attenzione però, non sto dicendo che congelando l’istante in una foto, questa sia fedele a come siamo normalmente. Guardiamo una foto che non ci piace e ci convinciamo erroneamente che quella sia la verità, quando in realtà il problema risiede semplicemente nella cattura di un momento poco favorevole.

Avete mai provato a scattare più di una foto? In gergo la chiamiamo una raffica di foto, una sequenza continua di fotografie in rapida successione. Noterete che difficilmente ci saranno foto identiche alle altre, potranno essere molto simili se cercate di non muovervi, ma tutte mostreranno lo scorrere del tempo in minuscoli dettagli differenti tra loro.

Spesso non ci accorgiamo che, di fronte allo specchio, assumiamo inconsapevolmente delle pose, cercando di posizionarci nel modo che riteniamo più favorevole. Il trucco per replicare lo stesso risultato nelle foto consiste nell’avere un controllo preciso del nostro corpo, una consapevolezza dello spazio circostante e la capacità di utilizzarlo in modo strategico, unita a una comprensione profonda dei nostri movimenti.

La posa deve venire spontanea, proprio come quando ci specchiamo. 

Questo spiega perché chi ha esperienza nel posare per professione si mostra sicuro di sé davanti all’obiettivo. Non si tratta solo di estetica, ma di avere una fiducia consapevole nel proprio corpo, risultato della padronanza di come ci si presenta e ci si muove nello spazio.

Vi lascio qualche consiglio per libri da leggere se siete interessati ad approfondire questo argomento:

Ci guardiamo sempre allo stesso modo

Un altro aspetto fondamentale da considerare è l’angolo di ripresa. Ogni mattina, quando diamo un’occhiata allo specchio, lo facciamo sempre dal medesimo punto di vista, osservando noi stessi con una prospettiva familiare. Di conseguenza, ci abituiamo a vedere il nostro viso sempre da un angolo specifico. Ma quando si tratta di comparire in una foto, non sempre siamo avvisati su come, quando e da quale angolazione saremo immortalati. Il risultato? Spesso, quando riguardiamo quella foto, non ci riconosciamo.

Il giusto angolo di ripresa è una chiave segreta nella creazione di percezioni visive uniche. Osservarci frontalmente, di lato o da un’angolazione in cui la luce incide in modo particolare, può cambiare drasticamente la prospettiva, alterando le proporzioni del viso, evidenziando ombre inaspettate e rivelando dettagli che potrebbero sfuggire in altre circostanze.

Se vi state chiedendo il motivo per cui anche nei selfie non ottenete il risultato desiderato, la risposta non riguarda solo l’angolazione, ma anche la distanza dalla fotocamera, che è un elemento cruciale.

Come ho accennato in precedenza, è importante considerare che gli smartphone spesso utilizzano ottiche grandangolari per i selfie. Queste ottiche tendono a deformare leggermente l’immagine allo scopo di ampliare l’angolo di visione, catturando più dettagli circostanti e offrendo una prospettiva più ampia.

Non è necessario avere competenze avanzate in fotografia: se la distorsione dei selfie vi crea disagio, sappiate che non siete voi ad essere poco attraenti, né la fotocamera a mentire. Basta dedicare del tempo a sperimentare, provando approcci diversi per trovare quello che vi valorizza di più. Trovare l’angolazione che esalta le vostre migliori qualità, o viceversa, riconoscere la prospettiva che non vi valorizza e cercare di evitarla. Quando ci si mette in posa per le foto, conoscere il proprio corpo, comprenderne i punti forti e deboli, è fondamentale. In questo modo, fare una foto diventerà più semplice e gratificante.

Com’è la luce?

E poi la luce. La luce è un elemento cruciale che spesso trascuriamo, ma è proprio quello più determinante!

La luce influenza il nostro aspetto nelle immagini. Ogni tipo di illuminazione ha la sua temperatura colore, genera ombre sul viso in base alla sua posizione, ma quando ci osserviamo allo specchio o guardiamo il mondo senza l’ausilio di dispositivi, il nostro cervello, in modo automatico, uniforma tutte le sottili differenze, presentandoci la carnagione a cui siamo abituati. La fotografia, al contrario, cattura l’illuminazione così com’è, con tutte le variazioni di temperatura, luci e ombre sul viso, e ce le mostra fuori dal contesto originale, racchiuse in un fotogramma, che sia sullo schermo di un cellulare, di un monitor o su un foglio di carta.

Noi fotografi professionisti sappiamo bene quanto l’illuminazione possa fare la differenza in una foto. Il termine “fotografia” stesso deriva dal greco “phôs” che significa luce e “γραφή” che significa scrittura o disegno, quindi letteralmente si traduce in “scrivere con la luce”.

Mentre ci osserviamo allo specchio, anche in condizioni di illuminazione non ottimali con varie sfumature di colore o ombre sul viso, il nostro cervello compie una sorta di interpretazione ottimizzata della nostra immagine. Nonostante le eventuali imperfezioni visive causate da una luce scarsa o da discromie, il cervello tende a stabilizzare e percepire un’immagine coerente di noi stessi.

Questo fenomeno può essere spiegato attraverso il concetto di percezione selettiva del cervello, che filtra e interpreta le informazioni visive in modo da mantenere una coerenza con la nostra identità auto-percepita. In pratica, il cervello enfatizza gli aspetti che riconosciamo come familiari, mitigando le influenze negative della luce o delle variazioni cromatiche.

Inoltre, questa tendenza può essere collegata al concetto di familiarità e consuetudine. Poiché siamo abituati a vederci in certi modi attraverso il riflesso dello specchio, il nostro cervello sviluppa una sorta di “schema mentale” che contribuisce a mantenere la nostra percezione di sé stessi, indipendentemente dalle condizioni luminose o dai dettagli specifici.

La fotocamera invece, a differenza del cervello, non ci “aiuta” nel senso che mostra le nostre caratteristiche in un’illuminazione oggettiva. Quindi, ogni volta che osserviamo noi stessi in una fotografia e il risultato non ci piace, potrebbe essere proprio l’illuminazione a influire!

Un bravo fotografo è proprio questo che fa, crea ritratti usando e manipolando sapientemente la luce.

Le variazioni nella direzione e nell’intensità della luce giocano un ruolo fondamentale nella creazione di illusioni ottiche, modellando la nostra percezione di lineamenti, texture della pelle e colori. La luce diventa così un potente strumento che plasmerà la nostra rappresentazione visiva.

L’illuminazione, infatti, ha la capacità di scolpire il nostro volto in maniere sorprendenti. Dal suggestivo gioco di ombre creato da una luce radente alle dettagliate accentuazioni prodotte da una luce diretta, ogni sorgente luminosa contribuisce a creare un ritratto unico di noi stessi.

Nell’arte della fotografia, le ombre scolpiscono le forme, mentre le luci illuminano le parti da mettere in evidenza. Un uso improprio della luce non solo esagera caratteristiche che potremmo percepire come difetti, ma può addirittura generarne di nuovi, sottolineando l’importanza di una gestione attenta e consapevole dell’illuminazione.

Risultato

In base a tutti gli aspetti che abbiamo trattato finora, la domanda su chi tra lo specchio e la foto restituisce l’immagine più fedele al vero è meno scontata del previsto. Lo specchio ci offre un riflesso momentaneo di noi, filtrato dalla nostra consapevolezza di specchiarci. D’altro canto, la fotografia può essere un mezzo imparziale solo se la spogliamo di tutti gli espedienti tecnici, della visione personale e dell’occhio di qualcun altro.

La mia personale risposta a questo quesito è che tutte sono rappresentazioni fedeli di noi stessi, dalla foto più brutta a quella più bella, dallo specchio di casa al riflesso di una vetrina in centro, dal selfie scattato a mano alla foto ricordo chiesta a uno sconosciuto mentre siamo in viaggio. Sono semplicemente rappresentazioni diverse, di momenti diversi, in condizioni diverse e da prospettive diverse, persino da occhi diversi. Quale immagine è più vera e quale meno veritiera se consideriamo che la realtà è formata da mille sfaccettature?

Perché allora la domanda su quale sia più fedele, tra lo specchio e la fotografia, genera un interesse così diffuso, con milioni di risultati su Google?

La ricerca intensa su questa domanda mi fa pensare ad una volontà di comprendere e definire meglio la nostra identità. In un’era in cui l’immagine gioca un ruolo sempre più centrale nella comunicazione e nell’autorappresentazione, capire quale rappresentazione sia più fedele ci rassicura profondamente su come ci vediamo e su come gli altri ci vedono.

Media

Viviamo in un’era digitale in cui l’immagine si fonde con la tecnologia, e i social media diventano il palcoscenico principale per condividere la nostra vita, ma allo stesso tempo, diventano un terreno fertile per la creazione di un’immagine idealizzata di noi stessi. Filtri e correzioni digitali hanno ridefinito il nostro modo di percepire gli altri e di presentare la nostra identità online.

Le aspettative esterne svolgono un ruolo chiave nella formazione della nostra autopercezione. Società, cultura e media stabiliscono spesso standard di bellezza e successo, radicati fin dagli inizi delle riviste patinate. Campagne pubblicitarie, figure di spicco come gli influencer e le celebrità delineano standard estetici che esercitano una pressione costante per conformarsi a un’immagine stereotipata di successo e bellezza, minando costantemente la nostra autostima.

Questa pressione costante può condurci a una ricerca incessante della perfezione e a una valutazione continua del nostro valore basata su parametri esterni. Sia che ci specchiamo o che ci fotografiamo, se ciò che vediamo non rispecchia l’immagine che abbiamo in mente, ci troviamo costretti a dichiarare sconfitta.

Psicologia della percezione di sé

Ora che abbiamo esaminato le differenze tra lo specchio e la fotografia, devo per forza aprire un capitolo sulla percezione di sé stessi.

Esplorare la percezione di sé è fondamentale per capire come ci vediamo. La nostra autostima è intrinsecamente legata a un’interpretazione soggettiva di ciò che vediamo di noi stessi, che sia nello specchio o in una foto. Questa percezione è fortemente influenzata dalle esperienze personali, gli insegnamenti ricevuti e le relazioni interpersonali che contribuiscono a costruire il quadro della nostra identità.

Le influenze esterne possono diventare voci interne, dando forma a un dialogo costante sulla nostra autostima. Le etichette che ci attribuiamo, come “grassi”, “goffi” o “vecchi”, diventano la nostra verità: ci vediamo proprio come ci siamo descritti. Quello che vediamo allo specchio o in una foto, viene in ultimo sempre filtrato da un nostro giudizio personale.

È importante riconoscere che la nostra mente elabora l’immagine di sé attraverso processi complessi, e le nostre credenze personali fungono da metro per valutare costantemente il nostro aspetto e il nostro valore agli occhi degli altri.

Ciò che vediamo nello specchio o in una foto potrebbe non corrispondere alla visione idealizzata o distorta che la nostra mente ha creato. Questa discrepanza può generare insicurezza e una costante ricerca di approvazione esterna.

Specchio e fotografia diventano strumenti neutrali in questo contesto, e come tali, non giocano nessun ruolo nella percezione che abbiamo di noi; è come li utilizziamo che condiziona il risultato.

Con questo video, cerco di contribuire a cambiare il paradigma delle aspettative estetiche e a promuovere un contesto più sano e inclusivo. Vi invito a confrontarvi con la sfida di accettare la vostra immagine per ciò che è veramente, ovvero fortemente variabile. Mettetevi costantemente alla prova osservandovi davanti allo specchio, facendovi selfie e, perché no, facendovi fotografare da altri. Prendete ogni rappresentazione come una parte di voi, superando le convinzioni e le distorsioni mentali che potremmo aver sviluppato nel corso del tempo per vari motivi.

Conclusioni:

E così, giungiamo alla fine del nostro viaggio attraverso lo specchio e la fotografia, scrutando le complessità della nostra percezione di sé. Cosa abbiamo imparato?

Abbiamo viaggiato attraverso varie sfumature:

Abbiamo visto come lo specchio ci offra una rappresentazione in tempo reale, mentre la fotografia cattura un singolo istante. Entrambi ci forniscono un’immagine, ma entrambi raccontano solo parte della storia. La realtà, come abbiamo scoperto, è multiforme e sfaccettata.

Abbiamo esaminato come variazioni di posa, illuminazione e prospettiva possano modellare la nostra percezione, mettendo in luce quanto sia mutevole l’interpretazione visiva di noi stessi. La luce, l’angolazione e il contesto giocano un ruolo fondamentale nel plasmare la nostra rappresentazione visiva.

Ci siamo confrontati con l’impatto travolgente dei media sulla nostra autostima. I filtri e gli ideali estetici promossi dai social possono influenzare profondamente la nostra percezione di sé, portandoci a una riflessione critica sulla ricerca dell’autenticità in un mondo sempre più condizionato da immagini idealizzate.

Infine, ci siamo addentrati nella psicologia dietro ogni nostro giudizio severo verso noi stessi, rivelando quanto la mente umana possa plasmare la nostra autopercezione. Le discrepanze tra realtà fisica e percezione mentale sono un elemento chiave, che sollevano domande sulla vera autenticità delle immagini di noi stessi.

Spero che in questo percorso che abbiamo affrontato insieme, abbiate scoperto che la verità non risiede esclusivamente nello specchio né nella fotografia, ma piuttosto nell’equilibrio delicato tra la percezione di sé e la realtà intrinseca. Mi auguro che questa esplorazione vi abbia spinto a riflettere sulla vostra unica percezione di bellezza e autenticità.

E ora, vi lascio con la sfida di abbracciare la vostra autenticità, senza perdervi nelle trappole delle aspettative esterne. Grazie per essere stati con me in questo viaggio, e ricordate: la vostra bellezza va oltre qualsiasi rappresentazione, perché risiede nella diversità e nella genuinità di chi siamo. Non permettete mai a uno specchio o a una fotografia di definire il vostro valore. Siate autentici, siate voi stessi, e troverete la vera bellezza nel riconoscere la vostra unicità. A presto con un nuovo video! Ciao!

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